La partenza del nuoto era organizzata in griglie facoltative, in cui ogni partecipante poteva posizionarsi in base al tempo stimato di percorrenza della frazione nuoto. Sapevo che potevo stare sotto l’1h30, ma ho deciso di posizionarmi nella griglia oltre quel tempo. Avrebbe significato attendere molto prima di partire. Sarei stato fra gli ultimi. Ma ho pensato che non era la giornata per azzardare. Ogni minimo errore, prima o poi, avrebbe presentato il conto. E poi, a livello strategico e mentale, sarebbe stato meglio partire superando altri concorrenti piuttosto che venir superato. Ero contento della mia decisione ragionata. Significava che ero lucido. Non era facile esserlo. Il contesto portava a tutto, tranne che ad essere lucido. Migliaia di persone radunate nella spiaggia al sorgere del sole. Tutti lì per l’evento. Concorrenti da 69 nazioni diverse, che negli ultimi mesi hanno scandito la propria quotidianità con la preparazione a questa giornata di fatica, sudore, e sforzo mentale. Accompagnatori, familiari, che li hanno assistiti e che si trovavano lì ad assisterli. Gente appassionata a questo sport. Chi si trovava lì per curiosità, chi per caso. Vedevo mia sorella lontano, sulle spalle di Paolo, che mi cercava con lo sguardo, senza trovarmi. Ho provato ad alzare le braccia, ci siamo incorniciati con lo sguardo, ma era impossibile per lei riconoscermi. Mentre assistevo all’anno d’Italia, mi sono guardato “da satellite”, come dico io quando voglio elevarmi e cercare di guardarmi da fuori, e ho sorriso. Mi sono detto “avresti mai immaginato di assistere all’anno d’Italia, in una spiaggia, di primo mattino, con una muta da nuoto e la mano sul cuore?”. Un momento bellissimo. Era una cosa nuova, bella, diversa e emozionante. Un’esperienza in più. Mi stavo divertendo. Ero lì. “Cavolo, è oggi!”. Mi sono promesso di godermi ogni particolare. Mi sono detto “stai attento a tutto ciò che ti capita intorno e fissalo nella mente”. Poi sono tornato con la testa sulla partenza. Ho fatto un check. Mi sentivo bene, la colazione era stata digerita ed ero leggero. Segno che avevo scelto bene. Ciò mi ha caricato ancor di più. Invece del riso, come mangiavano tutti gli altri a colazione, io avevo optato per 4 toast prosciutto cotto e fontina. Il pane da toast lo ritenevo più adatto ad assorbire i liquidi che avrei bevuto. L’idratazione sarebbe stata fondamentale. Drammaticamente fondamentale. E il fatto di farmela addosso mentre attendevo la partenza, mi confermava che ero idratato 😱. D’un tratto, un signore, molto più grande di me posizionato nella griglia più veloce della mia, mi guarda e mi dice in inglese “you are a young man”. Gli ho risposto ridendo “but you are faster”. Lui mi dá la mano e con un gesto di chi vuol dare un consiglio paterno si congeda con questa frase “first one, be safe”. Per prima cosa, mantieniti sicuro. Il tempo di rifletterci un secondo, e via. Il tempo di urlare “forza belli, che si balla” mentre corro verso l’acqua e mi butto in mare. Quel mare con cui mi ero confidato ieri, stava restituendomi la confidenza. Mentre facevo le prima bracciate, mi sono concentrato sulla tecnica. “Non forzare, non aver foga. Concentrati sulla tecnica”. Sentivo che nuotavo bene. Riuscivo a distendere bene entrambe le braccia ed a tirare con forza. Tutto, al netto delle botte che arrivavano da destra e sinistra. “Baccio, non subire passivamente, danne di più forti”. Perfetto. Occhio alle gambe poi. Ho nuotato con le gambe ferme. Senza sbattere i piedi. Volevo risparmiarle per la bici e la corsa. Alla fine, quella che doveva essere la parte cosi difficile per me, non era poi così complicata come l’avevo immaginata. Forse per quale bracciata ho anche sorriso. Ricordo che ad un certo momento ho anche pensato “che spettacolo, è oggi! Ci sei dentro!”. Sono uscito dall’acqua e mi sentivo brillante. Ho subito iniziato a correre verso la zona cambio. Mi sono sistemato con calma, senza avere fretta. Questo è un insegnamento che ho preso dalle gare in bici, quando capita di forare e bisogna sostituire la camera d’aria. Si può rischiare di farsi prendere dalla foga di fare il più in fretta possibile. Niente di più sbagliato. Matematicamente, ci si dimentica qualcosa, si rischia come minimo di dover ripetere due volte la stessa operazione. Alla fine, non si fa mai prima. Anzi, si aumenta il rischio di sbagliare. Il trucco è fare le cose come al rallentatore. Ho bevuto e ho mangiato per prima cosa. Mi sono lavato per togliere il sale del mare con una bottiglia di acqua che avevo messo nella borsa. Mi sono infilato le calze. Ho preso le barrette. Ho indossato il casco facendo cura che fosse posizionato bene. E via di corsa a prendere la bici. Le ho dato due pacche nel cannone. È un’abitudine che ho sempre avuto, quella di darle due pacche tutte le volte che la prendo per uscire e tutte le volte prima di riporla. Come dare due pacche sul collo del cavallo. Segno di confidenza, di complicità. Per dire, sono io. Siamo noi. Oppure, oggi abbiamo fatto un bel lavoro. Sono uscito da Cervia, facendo attenzione nelle varie rotonde, tra marciapiedi e transenne. Subito fuori ho impostato il ritmo, facendo molta attenzione alla sensazione che mi davano le gambe. Stavano bene. Mi parevano fresche e pronte ad affrontare questo lungo giro per la Romagna. Prima di mettere la testa sulle pedalate, ho fatto il punto sulla strategia di alimentazione. Mezza barretta ogni mezz’ora, un sorso abbondante di acqua e sali ogni 5 minuti. Niente gel. Quelli servivano durante la maratona e mangiarne qualcuno prima avrebbe compromesso poi la digestione. Ero partito tra gli ultimi a nuoto. E quindi li avevo quasi tutti davanti. 180 km di corsia di sorpasso. Andavo forte, lo vedevo, ma tenevo costantemente sotto controllo il cuore, che era normale. Durante tutto il percorso non ho sgarrato mai i tempi di alimentazione e bevute. Ero concentrato. Segno che ero lucido. E quando si è lucidi, vuol dire che si sta bene. Preso da un momento di euforia, ho urlato “come la ducati, come la ducati” frase che urlavamo insieme al mio amico Pitt in un’altra delle nostre imprese epiche in mtb. Mi avranno preso per matto 😂 Ai piedi di Bertinoro, una bella sorpresa! Che mi ha emozionato. I miei amici ciclisti di Faenza erano tutti venuti a vedermi passare. Un tifo da stadio. Ho giusto fatto in tempo a vedere qualche loro faccia. Alcuni li ho riconosciuti dalla voce. Dopo averli passati, mentre iniziavo la salita di Bertinoro, mi è scesa qualche lacrima. “Stai concentrato, non è il momento di farsi prendere dai sentimenti”. Possono allentare quella sana tensione agonistica che deve esserci per far girare bene il tutto. In cima alla salita, il mio amico Gerbino che mi stava aspettando. Non sapevo che lo avrei rivisto durante la maratona. Poi il Sindaco di Bertinoro. Anche lui mi aspettava. Ci siamo salutati urlando “Sindacoooo”. E via in discesa. In un baleno sono arrivato a CESENA. Poi l’E45. Mi veniva da ridere. Altro pensiero. “Ti saresti mai immaginato di pedalare sulla E45” mi sono detto. La bici è la frazione in cui si può liberare la mente. Ho ripensato al tuffo in acqua della mattina. Poi, la mente è rimbalzata indietro. Mi sono riapparsi come in un film gli allenamenti e tutti i momenti finalizzati a quella giornata. Così lontani nel tempo, ma tutti rivolti ad un obiettivo. Le ripetute di corsa a Bagno la mattina alle 5.30. Le sedute in piscina. Così odiate all’inizio, ma doverose. Quell’ambiente acquatico, così nuovo, che mi faceva sentire impacciato. Le giornate in cui strizzavo le gambe sulla bici. Le sere in cui mi sedevo a tavola e che mi sarei mangiato un bue. E invece, il dovere di dare precedenza al pensiero che quello era il momento di esaltare gli allenamenti, non per sminuirne gli effetti. Sono arrivato a guardare l’orologio fino a 90secondi per trattenermi. A volte non ce l’ho fatta. Mi è capitato di mangiare 6 pizze. Di ripulire le scorte dei biscotti di mia sorella per poi passare a quelle di mia mamma. Di mangiare 1 kg di gelato. Ma nella costanza sono riuscito a stare sul pezzo.
Ero alle saline di Cervia. Ho alzato lo sguardo. Mi sono guardato attorno. Lo specchio delle saline. In fondo il grattacielo di Cesenatico. I campi contornati di canne verdi. Sullo sfondo Cervia. Dall’altra parte il grattacielo di Milano Marittima. Ho avuto un sussulto di orgoglio. “Quanto é bella Romagna”. Poi un altro giro fotocopia. Cervia, CESENA, E45, Forlimpopoli, Bertinoro, Tanthlon. Mi avvicino all’arrivo. Scendo di corsa e raggiungo il box bici. La posiziono al mio numero. Le dò due pacche e riparto per il cambio. A rallentatore, mi sistemo. Prendo i gel, cappellino e parto di corsa. Erano le 14.30 circa. Era molto caldo e quella era la cosa che mi preoccupava di più. Soffro molto il caldo. Il percorso affollato di gente mi ha distratto da quel pensiero e ho cercato il ritmo che sentivo potesse andar bene. Sapevo di aver chiesto qualche cosina di più alle gambe nella frazione bici. Dovevo stare attento. Nella corsa le cose si possono stravolgere da 1km all’altro. Ti pare di star bene e 1km dopo ti trovi in una crisi profonda. “First one, be safe” mi sono ripetuto. Il percorso era diviso in due parti. I primi 5 km noiosi. Usciti da Cervia, 1km di lungo mare tutto al sole tanto da sembrare un girone infernale. Poi quelle dritte dei viali di Milano Marittima separate solo da rotatorie. Sembrava non terminassero mai. Dopo, invece, il percorso era più cittadino e più affollato. Sapevo che da qualche parte erano posizionati i miei amici e la mia famiglia. Ho corso con la curiosità di incontrali. Eccoli. Poco dopo la metà. Dei pazzi scatenati, con tanto di striscione e cori. Li ho guardati, tutti. Ho corso il km successivo piangendo. Un medico, osservandomi, mi ha chiesto se stessi male. Gli ho risposto che non ero mai stato meglio 😂😜 In un attimo sono tornato concentrato. Serio. “Non e il momento Baccio, non è il momento. Stai concentrato. Be safe. Be safe. Tieni il ritmo.” Nei km successivi ho incontrato tanti amici. Paolo che mi aspettava per incitarmi. Roberto per battermi un 5. Cristina per illuminarmi con il suo sorriso. Gli amici del CESENA Triathlon, per un tifo strepitoso. E poi Andrea con il piccolo Leonardo che muniti di biciclette mi hanno intercettato in vari punti nel percorso. “Eccolo eccolo” mi ha urlato Andrea, compagno di corse. Durante tutto il percorso, poi, in tanti ad incitarmi. “Vai Sindaco”. Forza Baccio”. Molti non li ho riconosciuti.
E via verso la fine del primo giro. È proprio lì c’è stato il primo attacco alla mia mente. Dovevo fare altri 3 giri. Altri 32 km. Probabilmente, correre altre 2h30, come minimo. Il lungo mare. Quei drittoni. “È impossibile farcela”. Il secondo giro è stato determinante. Una continua lotta mentale per scacciare quei pensieri che invece volevano imporsi su me stesso. “No Baccio, non molli. Corri un altro km e poi ci pensi. Be safe”. Era difficile. Il tutto reso ancor più pauroso nel vedere ragazzi che correvano brillantemente davanti a me fermarsi all’improvviso. Chi si fermava chinandosi con le mani appoggiate alle ginocchia, chi iniziava a camminare. Tanti, troppi. “Il buio è dietro l’angolo. Be safe. Cavolo, pensa ad altro. Trova la distrazione. Se pensi negativo, ci cadi dentro. Non c’è dubbio”. Al ristoro successivo, mi sono riempito la maglia di ghiaccio e mi sono scolato 4 bicchieri di coca cola. Ho ripreso. “Ora un passo dietro l’altro. Deciso. No, Baccio. Non molli. Ho paventato anche di camminare a tratti, alternando corsa e cammino. “No! Toglitelo dalla testa. Se inizi a camminare non corri più. Dai, smettila e corri”. Non so perché, ma la mente è andata agli allenamenti di gruppo con i ragazzi di Mercato. Pensavo di essere in gruppo insieme a loro e la mia condizione ha iniziato a volgere in positivo. E intanto, tra vari pensieri i km scorrevano. Ne mancavano 21. Poi 10. Ghiaccio, coca cola, ghiaccio coca cola. Ho costumato così tanto ghiaccio che alla fine, quando mi avvicinavo ai ristori, me lo preparavano 😂😂😂❄️❄️❄️ All’ultimo giro di boa, ho pensato che era come essere a Verghereto per tornare a San Piero. “Dai che é tutta discesa. Be safe e portala a casa. Stai costante. Non avere fretta. La crisi può essere dietro l’angolo”. E nelle maratone il 37km è sempre quello nero. Mi sono ripetuto all’infinito “No, non molli. Stai zitto e corri”. Cosi, mi sono trovato al 40esimo km. Sapevo che al traguardo avrei incontrato gli amici e la mia famiglia.
Ho pensato di essere fortunato. Ero felice, soprattutto per quello, più che per quell’impresa che stavo portando al termine. Stavo iniziando a cedere al pianto per questo. Mi sono venuti i brividi. Ma 2km non sono così corti. “Stai concentrato. Ritmo e calma. Be safe!”. Sul tappeto rosso ho scattato. 200 metri in progressione. Non so se sono d’acciaio. So solo che con la determinazione, il coraggio, la tenacia e la forza di volontà si possono raggiungere risultati che solo al pensiero potrebbero apparire irraggiungibili. Nello sport e nella vita. Certo, queste sono capacità difficili da allenare. Ma di sicuro c’è una cosa che è alla portata di tutti. Evitare di dire “non ce la faccio”. Oggi, se ripenso alla giornata di ieri, mi sembra impossibile. Questa impresa la dedico a tutti gli amici di Bagno di Romagna ed in particolar modo ai giovani. Al nostro carattere d’acciaio di gente di montagna.
Ero alle saline di Cervia. Ho alzato lo sguardo. Mi sono guardato attorno. Lo specchio delle saline. In fondo il grattacielo di Cesenatico. I campi contornati di canne verdi. Sullo sfondo Cervia. Dall’altra parte il grattacielo di Milano Marittima. Ho avuto un sussulto di orgoglio. “Quanto é bella Romagna”. Poi un altro giro fotocopia. Cervia, CESENA, E45, Forlimpopoli, Bertinoro, Tanthlon. Mi avvicino all’arrivo. Scendo di corsa e raggiungo il box bici. La posiziono al mio numero. Le dò due pacche e riparto per il cambio. A rallentatore, mi sistemo. Prendo i gel, cappellino e parto di corsa. Erano le 14.30 circa. Era molto caldo e quella era la cosa che mi preoccupava di più. Soffro molto il caldo. Il percorso affollato di gente mi ha distratto da quel pensiero e ho cercato il ritmo che sentivo potesse andar bene. Sapevo di aver chiesto qualche cosina di più alle gambe nella frazione bici. Dovevo stare attento. Nella corsa le cose si possono stravolgere da 1km all’altro. Ti pare di star bene e 1km dopo ti trovi in una crisi profonda. “First one, be safe” mi sono ripetuto. Il percorso era diviso in due parti. I primi 5 km noiosi. Usciti da Cervia, 1km di lungo mare tutto al sole tanto da sembrare un girone infernale. Poi quelle dritte dei viali di Milano Marittima separate solo da rotatorie. Sembrava non terminassero mai. Dopo, invece, il percorso era più cittadino e più affollato. Sapevo che da qualche parte erano posizionati i miei amici e la mia famiglia. Ho corso con la curiosità di incontrali. Eccoli. Poco dopo la metà. Dei pazzi scatenati, con tanto di striscione e cori. Li ho guardati, tutti. Ho corso il km successivo piangendo. Un medico, osservandomi, mi ha chiesto se stessi male. Gli ho risposto che non ero mai stato meglio 😂😜 In un attimo sono tornato concentrato. Serio. “Non e il momento Baccio, non è il momento. Stai concentrato. Be safe. Be safe. Tieni il ritmo.” Nei km successivi ho incontrato tanti amici. Paolo che mi aspettava per incitarmi. Roberto per battermi un 5. Cristina per illuminarmi con il suo sorriso. Gli amici del CESENA Triathlon, per un tifo strepitoso. E poi Andrea con il piccolo Leonardo che muniti di biciclette mi hanno intercettato in vari punti nel percorso. “Eccolo eccolo” mi ha urlato Andrea, compagno di corse. Durante tutto il percorso, poi, in tanti ad incitarmi. “Vai Sindaco”. Forza Baccio”. Molti non li ho riconosciuti.
E via verso la fine del primo giro. È proprio lì c’è stato il primo attacco alla mia mente. Dovevo fare altri 3 giri. Altri 32 km. Probabilmente, correre altre 2h30, come minimo. Il lungo mare. Quei drittoni. “È impossibile farcela”. Il secondo giro è stato determinante. Una continua lotta mentale per scacciare quei pensieri che invece volevano imporsi su me stesso. “No Baccio, non molli. Corri un altro km e poi ci pensi. Be safe”. Era difficile. Il tutto reso ancor più pauroso nel vedere ragazzi che correvano brillantemente davanti a me fermarsi all’improvviso. Chi si fermava chinandosi con le mani appoggiate alle ginocchia, chi iniziava a camminare. Tanti, troppi. “Il buio è dietro l’angolo. Be safe. Cavolo, pensa ad altro. Trova la distrazione. Se pensi negativo, ci cadi dentro. Non c’è dubbio”. Al ristoro successivo, mi sono riempito la maglia di ghiaccio e mi sono scolato 4 bicchieri di coca cola. Ho ripreso. “Ora un passo dietro l’altro. Deciso. No, Baccio. Non molli. Ho paventato anche di camminare a tratti, alternando corsa e cammino. “No! Toglitelo dalla testa. Se inizi a camminare non corri più. Dai, smettila e corri”. Non so perché, ma la mente è andata agli allenamenti di gruppo con i ragazzi di Mercato. Pensavo di essere in gruppo insieme a loro e la mia condizione ha iniziato a volgere in positivo. E intanto, tra vari pensieri i km scorrevano. Ne mancavano 21. Poi 10. Ghiaccio, coca cola, ghiaccio coca cola. Ho costumato così tanto ghiaccio che alla fine, quando mi avvicinavo ai ristori, me lo preparavano 😂😂😂❄️❄️❄️ All’ultimo giro di boa, ho pensato che era come essere a Verghereto per tornare a San Piero. “Dai che é tutta discesa. Be safe e portala a casa. Stai costante. Non avere fretta. La crisi può essere dietro l’angolo”. E nelle maratone il 37km è sempre quello nero. Mi sono ripetuto all’infinito “No, non molli. Stai zitto e corri”. Cosi, mi sono trovato al 40esimo km. Sapevo che al traguardo avrei incontrato gli amici e la mia famiglia.
Ho pensato di essere fortunato. Ero felice, soprattutto per quello, più che per quell’impresa che stavo portando al termine. Stavo iniziando a cedere al pianto per questo. Mi sono venuti i brividi. Ma 2km non sono così corti. “Stai concentrato. Ritmo e calma. Be safe!”. Sul tappeto rosso ho scattato. 200 metri in progressione. Non so se sono d’acciaio. So solo che con la determinazione, il coraggio, la tenacia e la forza di volontà si possono raggiungere risultati che solo al pensiero potrebbero apparire irraggiungibili. Nello sport e nella vita. Certo, queste sono capacità difficili da allenare. Ma di sicuro c’è una cosa che è alla portata di tutti. Evitare di dire “non ce la faccio”. Oggi, se ripenso alla giornata di ieri, mi sembra impossibile. Questa impresa la dedico a tutti gli amici di Bagno di Romagna ed in particolar modo ai giovani. Al nostro carattere d’acciaio di gente di montagna.
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